Estetica e sostanza

Poteva far meglio il governo Monti? Con il massimo rispetto, sì. La manovra appena approvata dalla Camera contiene misure che aggravano la pressione fiscale e colpiscono in larga misura il ceto medio e le fasce più deboli della società  italiana. Il rischio della recessione non è più un rischio è la dura realtà  con cui dovremo convivere e non si sa per quanto tempo. L’Europa ha ottenuto quello che voleva: tagli al sistema delle pensioni e ridimensionamento dello stato sociale. I dogmi liberisti sono stati rispettati anche dal governo dei professori. Sarà  sufficiente per placare la voracità  dei mercati finanziari? Non è stato sufficiente quando la ricetta “tedesca” è stata applicata alla Grecia, perchè dovrebbe dare risultati diversi per l’Italia? E’ indubbio il salto di qualità  del governo guidato da Monti rispetto ai governanti (sic!) precedenti, ma di là  dall’estetica le misure votate non incidono in nulla nelle contraddizioni fondamentali della società  italiana. Quel dieci per cento degli italiani che possiede il cinquanta per cento della ricchezza nazionale non partecipa, se non per quisquilie, ai sacrifici imposti dalla crisi al resto del popolo italiano. Le misure anti evasione? Siamo alla promessa consueta di più controlli? Poco più. Una forma di patrimoniale si riesce a intravvedere, ma le grandi ricchezze non sono toccate. Si aiuta il sistema bancario, ma non si vincolano le banche a utilizzare le risorse ottenute per favorire il sistema produttivo. Si parla di esigenza di aiutare la piccola imprenditoria, ma il sistema pubblico i suoi debiti alle imprese continua a non pagarli. Ammontano a sessanta i miliardi di Euro i crediti che i diversi fornitori del sistema pubblico hanno accumulato negli anni. Esiste una direttiva europea che impone i pagamenti in tempi certi. Gli europeisti al governo non ne prevedono ancora l’applicazione? Eppure la morsa della crisi sarebbe attenuata se nelle discussioni di Bruxelles si ponesse la questione di quel patto di stabilità  che paralizza l’azione anche dei comuni o le regioni virtuose. Molti di loro potrebbero investire ma non possono farlo proprio per i vincoli posti dal patto di stabilità . Se il problema è la crescita, non è il caso di liberare queste risorse? Liberalizzare è il credo di chi ritiene salvifico il libero mercato. Utile sarebbe capire se quello che è stato liberalizzato ha prodotto vantaggi per i consumatori. Telefonare oggi costa certamente meno, ma se si pensa alle assicurazioni o ai costi dell’energia, di benefici se ne sono visti pochissimi. O sbaglio? L’unica nuova liberalizzazione prevista è quella delle edicole! Colpisce che il Commissario Europeo, Monti, sia stato così determinato da sconfiggere i tentativi monopolistici del gigante Microsoft e abbia invece, per adesso, perduto nel suo scontro con i farmacisti italiani. Il presidente Monti ha cercato di intervenire anche sulla dibattuta questione dei costi della politica. Non c’è riuscito perchè la materia è di competenza del Parlamento. Sulla competenza non ci sono dubbi. Domanda: com’è possibile che i parlamentari non sentano come urgente fare quelle scelte che dimostrino la volontà  di superare una situazione come quella dei benefit di cui godono? Come non capire che è una materia che per il popolo è divenuta primaria? Non parlano con la gente? Non leggono i giornali? In Italia di caste e di privilegi ce ne sono a iosa in tante categorie, ma nel senso comune è il “politico” quello che ha fama peggiore. Certo molto dipende dalla storica avversione verso la politica. E non va dimenticato mai che il successo del padrone di Mediaset è avvenuto nel campo politico grazie al suo apparire l’antipolitico per eccellenza e va ricordato che il qualunquismo è una pianta parassitaria coltivata da molti. Ma intervenire per annullare privilegi ingiustificabili è vitale se si vuol recuperare un apprezzamento per l’impegno in politica. Alcune decisioni sono state prese dagli organi parlamentari e sarebbe sbagliato non apprezzarle, ma la questione deve stimolare una riflessione su quello che la politica deve urgentemente fare per rigenerare un rapporto con il popolo.
La crisi della democrazia non è prerogativa di quella italiana. In tutto l’occidente, il mondo delle istituzioni democratiche è stato fagocitato dai grandi conglomerati economici. Lo viviamo ogni giorno. L’affidabilità  di un debito pubblico è decisa da pochissime entità  private possedute anche da chi specula sui mercati mondiali. Tutto ciò c’entra poco con la democrazia e con il libero mercato. Se intendo bene l’insegnamento del liberalismo, il libero mercato aborrisce i conflitti d’interesse. Purtroppo abbiamo a che fare con classi dirigenti incapaci di contrastare l’avidità  di pochi, esse preferiscono scaricare sui più deboli i costi delle crisi provocate in nome della libertà  di mercato.

Risorse regalate

Un altro vertice europeo si è concluso con la consueta foto di gruppo dei capi di governo. Sui risultati conseguiti, vi sono pareri discordi ma una cosa è certa: la Gran Bretagna non ha la minima intenzione di accettare vincoli di alcun tipo per l’attività  della City e, al prossimo incontro, Cameron non sarà  invitato. L’Europa è più debole, la Gran Bretagna in isolamento è un problema per tutti, anche per gli inglesi. Molti sostengono che i nuovi trattati sono una vittoria di Angela Markel e della sua volontà  di mettere sotto controllo teutonico i bilanci di tutti gli Stati europei. Il vincolo del pareggio di bilancio diviene la regola indiscutibile al di là  delle concrete esigenze degli altri fattori economici e dei diversi cicli dello sviluppo. L’Euro è salvo? Dipenderà  da come i mercati apprezzeranno le rigidità  decise a Bruxelles. Continuiamo a essere nelle mani di chi ha causato la crisi. Sgradevole che gli Stati Uniti, artefici del disastro che sconvolge il mondo dal 2008, diano lezione agli europei su come risolvere la crisi finanziaria provocata dalle politiche lassiste delle amministrazioni americane degli ultimi venti anni. La possibilità  che le cure da cavallo delle “manovre” nazionali di lacrime e sangue non servano a fermare la vendita dei titoli pubblici, è tra le ipotesi più accreditate. Scrive Mario Deaglio sulla “Stampa”: A questo punto, l’interrogativo diventa politico: è socialmente sostenibile una simile situazione, oppure i governi europei rischiano di essere travolti da una protesta sociale tanto più grave quanto più disordinata e priva di larghi orizzonti? Quanto dirompente potrebbe essere una simile protesta? Non sarebbe stato preferibile adottare un sentiero più flessibile, consentendo maggiore liquidità  al sistema produttivo e bancario e impedendo che tutto sia condizionato da giudizi istantanei di Borse capricciose? Il tempo, senza dubbio, dirà  se i leader europei hanno fatto complessivamente una scommessa giusta. I rischi, per l’Europa e l’economia mondiale, non sembrano, in ogni caso, essere stati sensibilmente ridotti ma soltanto trasferiti dall’economia e dalla finanza alla politica e alla società . Quelle di Deaglio sembrano parole al vento. Nonostante che venga da tutti riconosciuto l’inizio di recessione nelle economie europee, i capi riuniti a Bruxelles hanno avuto a cuore esclusivamente la tenuta dei saldi di bilancio e assicurato il sistema bancario sulle risorse loro necessarie. Il professor Monti ci rassicura che il vertice non è stato un fallimento. Avrà  anche ragione, ma l’impressione di molti è diversa. Non tutti sono convinti che la riaffermazione del principio liberista del bilancio in equilibrio in qualsiasi circostanza sia la panacea per i problemi che abbiamo da affrontare. Quanto sta succedendo in Grecia, non è di conforto per coloro che si apprestano a subire cure simili. Domande. Se non ci sarà  crescita da dove verranno le risorse per pagare il debito? Quali sono i provvedimenti che i governi conservatori europei hanno in mente per aumentare la ricchezza dei Paesi? Per quanto riguarda il governo Monti, la manovra ha come caratteristica essenziale l’aumento della pressione fiscale e il taglio del sistema pensionistico. Parlare di equità  nei sacrifici sembrerebbe una forzatura. Tanto è vero questo che Monti ottiene un risultato da record: dopo venti giorni di governo deve incassare uno sciopero dei sindacati contro i suoi provvedimenti. Giusto lo sciopero? Forse è meglio uno sciopero che rivolte di piazza incontrollate. Monti ha avuto il merito di svelare l’inganno in cui siamo vissuti per così tanti anni: l’aumento del debito pubblico ha consentito al Paese di vivere sopra i propri mezzi. Le classi dirigenti politiche, ma non solo, non hanno avuto la capacità  di risanare i conti pubblici pur di mantenere il consenso politico e sociale. Converrà  il capo del governo che non a tutti i ceti è stato consentito di arricchirsi a spese del denaro pubblico. E se c’è un problema di equità  nei sacrifici sarebbe giusto che chi più ha avuto più dovrebbe dare in tempi di crisi. Purtroppo il decreto in discussione conferma che il peso della crisi sarà  sopportato dal mondo del lavoro in attività  o in pensionamento. Difficile non indignarsi quando dei beni pubblici sono regalati mentre i pensionati si vedono sterilizzare la pensione e i giovani rimangono precari. A cosa mi riferisco? Gli addetti ai lavori sanno che le frequenze digitali terrestri ancora libere hanno un valore rilevante. Alcuni lo valutano a quattordici miliardi di Euro, i più prudenti si fermano a quattro. Regalarle a Mediaset e alla RAI non sembra al professor Monti in conflitto con i principi della libera concorrenza di cui egli è stato alfiere in Europa?

Parole magiche

Quello che ci aspetta è una fase di sacrifici. Il rischio per il Paese è così alto che tutti saranno costretti ad accettare quanto il governo Monti si appresta a deliberare nel consiglio dei ministri di lunedì. E’ questo che sostengono gli opinion maker di destra, di centro, di sinistra. Che cosa proporrà  il governo Monti? I giornali sono pieni di prospetti e di anticipazioni su cosa accadrà  nel nostro sistema pensionistico e in genere su chi sarà  chiamato a sostenere l’onere maggiore per dare tranquillità  ai mercati finanziari. Rigore ed equità  sono le parole magiche rivendicate da tutti affinchè la maggioranza del popolo accetti di veder ridimensionato il proprio reddito. Rigore verso chi? Essendo il Paese che negli ultimi due decenni ha visto lo spostamento massiccio della ricchezza nazionale dai redditi da lavoro a quelli delle rendite finanziarie e/o immobiliari, ci si aspetterebbe una politica economica che faccia pagare a chi si è arricchito di più e non a coloro che si sono “impoveriti” negli anni. Per ottenere questo risultato lo strumento più logico e più utilizzato nel mondo, è quello della tassazione sui patrimoni accumulati. Lo affermano in molti e non soltanto per ragioni di giustizia sociale, ma anche per evidenti motivi economici. L’avidità , è accertato, non produce benessere collettivo ma rabbia e frustrazione in chi la subisce. Premiare di nuovo l’egoismo proprietario non implementa i consumi e non aiuta a invertire la tendenza al disastro. Il professor Monti avrà  certamente letto le conclusioni del 45° Rapporto del Censis e avrà  fatto tesoro del quadro allarmante sulla situazione del Paese. I più in sofferenza sono i giovani che continuano a pagare il prezzo più alto in termini di non lavoro o di lavoro precario. E’ aumentata l’area di giovani che non lavorano e non studiano. Ciò rende incerto il destino di tutti. La fascia delle nuove povertà  si è allargata inglobando pezzi di ceto medio e non solo di lavoratori e pensionati. Sono gli stessi ceti che hanno bisogno di avere una struttura pubblica di servizi al cittadino senza la quale si diventa ancora più poveri. Il passato governo ha già  inciso profondamente sulla qualità  e quantità  dell’offerta pubblica in settori decisivi come la scuola, i trasporti, la sanità . Regioni e amministrazioni locali hanno bilanci ridimensionati da anni. Si deve sollecitare una vigorosa lotta agli sprechi e alle burocrazie, ma bisogna prendere atto che la struttura decentrata dello Stato non è più in grado di sostenere la spesa in settori vitali per la tenuta sociale. L’esigenza di innovare il modo d’essere di una comunità , è frustrata dall’impossibilità  di investire risorse adeguate a rendere le infrastrutture capaci di affrontare le sfide di uno sviluppo che non può che avere una qualità  diversa da quello conosciuto. Bisogna intendersi su quale crescita necessita per l’Italia. C’è bisogno di una crescita nei consumi delle famiglie, ma un Paese cresce anche attraverso l’aumento dei consumi collettivi. Si cresce anche con una scuola migliore e con una sanità  efficace. Una crescita compatibile con le problematiche ambientali richiede investimenti in ricerca e innovazione. Tagliare la spesa pubblica con l’esclusivo criterio del pareggio di bilancio e senza una valutazione costi/benefici dei tagli, può essere rigoroso ma certo non è equo e può produrre disastri. Quanto successo in Grecia dovrebbe essere tenuto presente per evitare gli stessi errori. Il ridimensionamento dello stato sociale, la svendita del patrimonio pubblico, l’abbassamento di salari stipendi e pensioni, non ha fatto uscire la Grecia dal disastro provocato dalle politiche liberiste imposte dalla Signora Merkel.
Anche da noi sembra un dato acquisito che il sistema pensionistico sia uno dei problemi decisivi per affrontare il disastroso debito pubblico. Spendiamo troppo, sostengono quasi tutti. I conti della spesa previdenziale sono insostenibili, la verità  rivelata. E’ veramente così? In Italia la spesa previdenziale si calcola al lordo. Cioè non si considera quanto il pensionato restituisce in tasse. In Francia e in Germania il conto si effettua al netto. Cioè quanto il pensionato mette in tasca. Applicando la stessa metodologia non esisterebbero differenze sostanziali tra la nostra spesa pensionistica e quella dei nostri partner europei. Nei conti dell’INPS del 2009 il saldo tra le entrate contributive e gli assegni effettivamente erogati, era di un avanzo di Euro 27,6 Miliardi. Andiamo in pensione troppo presto, dicono. E’ vero? Per gli uomini in Italia l’età  media di pensionamento è di 61,1 anni. In Francia è 59,1 anni. E in Germania? Incredibile, l’età  media è di 61,8. Siamo lì, o No? Si capisce la rabbia dei sindacati rispetto alle voci giornalistiche d’ulteriori tagli alle pensioni. E si capisce anche l’imbarazzo del PD. Imbarazzo che diverrebbe complesso da gestire se il veto della destra a qualsiasi forma di patrimoniale, sarà  accettato da Monti.
La sobrietà  è tornata a essere un valore apprezzato dalla gente comune e certo fa una certa impressione sapere che il presidente del consiglio quando va a una Mostra paga il biglietto. Si capisce però poco che lo stesso Monti, giustamente critico nei confronti del teatrino della politica, abbia scelto di andare a illustrare i provvedimenti del governo nel tempio del suddetto teatrino: Porta a Porta. L’opinione pubblica ha ancora in mente gli spettacoli con la regia di Bruno Vespa. Chi non ricorda il leggendario contratto con gli italiani firmato in diretta dal Presidente dell’A.C.Milan? Per la salute mentale di tutti noi speriamo che il professore tra gli altri esperti acquisisca un teorico della comunicazione. Se lo avesse avuto già  nella squadra siamo certi che, martedì prossimo, sarebbe andato a pagamento ad ascoltare un concerto.
Corriere dell’Umbria 4 dicembre 2011

Avidità 

L’Associazione dei Calciatori ha lanciato un appello ai suoi tesserati affinchè lunedì prossimo partecipino al BOT day, cioè aderiscano alla campagna per l’acquisto dei titoli di stato italiani. Anche da questo episodio si capisce quanto siamo messi male. Certo di fronte al rischio che il nostro Paese si avviti in una spirale terrificante per tutti, trasformare una parte della ricchezza privata in ricchezza pubblica, è una strada obbligata. Per questo molti economisti anche d’ideologia liberista e la stessa Confindustria, sostengono che una forma di patrimoniale debba essere prevista nell’azione del governo Monti. Se accanto al risanamento dei conti pubblici si vuol avviare un processo di crescita, bisogna trovare le risorse necessarie a rendere possibile una nuova fase di sviluppo. Senza un aumento rilevante del prodotto interno lordo sarà  impossibile pagare il debito pubblico. La cosa è banalmente evidente e non si capisce perchè il centrosinistra non ponga come questione irrinunciabile, nell’appoggio al nuovo governo, questa questione. Si teme la campagna della destra sulla “sinistra che sa solo mettere le tasse”? Ma è stato il governo di centrodestra che negli anni ha fatto aumentare la pressione fiscale in Italia senza che ciò facesse crescere di un nulla la base produttiva del Paese. E’ stato il mondo del lavoro e della produzione quello tartassato e impoverito a vantaggio delle rendite finanziare e/o immobiliari. Non è tempo che chi ha avuto più per così tanti anni paghi qualcosa per salvare il Paese dalla bancarotta? Che in Italia ci sia un problema di giustizia fiscale è cosa nota ed è evidente quanto sia stata mortale la politica dei condoni e degli scudi fiscali del ministro Tremonti. Per i milioni di Euro portati all’estero, gli evasori italiani hanno subito una tassazione del 5%, quelli tedeschi del 36% e quelli inglesi del 40%. Non è il caso di recuperare qualcosa di quelle ricchezze evase? Invece di discutere di queste cose nel PD un gruppo di “liberisti” ha chiesto le dimissioni del responsabile del settore economico perchè troppo a sinistra. Non si capisce il perchè. Fassina, è questo il nome dell’accusato, non ha che osservato che sono discutibili alcune delle posizioni espresse a Bruxelles e che le teorie di Marchionne non sono la Bibbia . Che strano partito il PD. Bersani ha avuto l’intelligenza di favorire la nascita del governo Monti, anche sapendo che le elezioni anticipate avrebbero visto il successo del centrosinistra, dimostrando così di aver ben chiaro come in nome dell’interesse nazionale si debba rinunciare a quello personale o di partito, e c’è chi nel PD, per vizio ideologico, vuole impedire al giovane Fassina di esprimere valutazioni diverse da quelle della destra liberista. Un partito dovrebbe avere in testa dei riferimenti sociali da difendere. La destra italiana l’ha fatto e lo sta facendo anche essendo fuori dal governo. Perchè i democratici non riescono a farlo con la stessa determinazione? Non è richiesta l’adesione alle manifestazioni degli indignati del mondo, ma per farsi carico delle ragioni dei lavoratori licenziati da Marchionne non è necessario diventare leninisti, basta essere riformisti seri.
Il premier Mario Monti ha ripetuto molte volte che i provvedimenti che il suo governo prenderà  si muoveranno nel rigore ma con equità  e con l’obiettivo di far crescere l’economia reale a vantaggio dell’occupazione. Non sarà  facile. Il suo è un governo atipico, il risultato di una fase tormentata della politica italiana. Dovrà  governare un Paese smarrito, annichilito da una politica incapace di dare risposta a una crisi che non riguarda soltanto l’economia.
Non esistono governi tecnici, esistono governi capaci di una buona politica e governi non in grado di governare. Ne abbiamo conosciuti. C’è una certezza ai giorni nostri: il ceto politico in campo si è dimostrato incapace di affrontare le sfide derivanti dalla crisi del sistema costruito dall’ideologia liberista. Inadeguata e pasticciona la destra. Incapace la sinistra riformista di andare al di là  del senso comune prodotto dal pensiero dominante. L’Europa è quasi interamente governata da governi di centrodestra. Il fallimento di questi governi è sotto gli occhi di tutti. Le politiche di liberalizzazioni e di ridimensionamento del welfare hanno prodotto soltanto nuove povertà . Intere generazioni si sono viste espropriate di ogni possibilità  di un lavoro dignitoso. Quanti sono i giovani disoccupati in Europa? Milioni. Quasi il 30% non hanno lavoro e, come ha ricordato il Governatore della Banca d’Italia, Visco, i salari d’ingresso dei giovani sono tornati a essere quelli di alcuni decenni fa. La ricchezza si è spostata da chi produce beni materiali a chi produce valori cartacei. Nella storia del mondo ci sono state altri fasi simili a questa che viviamo. Quando la finanza non è stata più al servizio della produzione ma si è soltanto autoalimentata, le società  sono entrate sempre in crisi. L’avidità  è stata sempre micidiale. Quando il denaro serve unicamente a produrre altro denaro, i meccanismi economici non funzionano più e la recessione diviene certa.
Già  i segni di questo processo si vedono anche in Umbria. Se siete un artigiano o un piccolo imprenditore provate a chiedere un mutuo a una qualsiasi banca. Se vi dicono sì, dovrete sostenere un onere per interessi che è quasi il doppio di quello dello scorso anno. Se siete creditori di qualsiasi ente pubblico vi sentirete rispondere che il patto di stabilità  impone il blocco di tutti i pagamenti. Se siete un giovane che ha un progetto innovativo magari utile a sburocratizzare la pubblica amministrazione, avrete come risposta una pacca sulle spalle e un impegno a futura memoria. Non è questione soltanto di buona volontà . Amministrare è oggi molto difficile. C’è bisogno di mettere in campo competenze e nuove intelligenze in uno sforzo collettivo per uscire dal pantano in cui siamo caduti per responsabilità  di molti. Forse, invece di sbranarsi nelle loro lotte intestine, i gruppi dirigenti dei partiti farebbero bene a cercare piattaforme intelligenti per invertire la tendenza al degrado della nostra comunità .

Titoli di coda

Il ventennio berlusconiano è ai titoli di coda? Molti lo sostengono. Si comincia ad analizzare le macerie di questa incredibile storia italiana; ci s’interroga sul futuro di un Paese smarrito, annichilito con la speranza che almeno adesso, dopo il disastro, il ceto politico faccia la sua parte. Al momento non è certo che il governo voluto dal Presidente della Repubblica nascerà . Capi di stato e di governo, la grande stampa italiana europea e americana, elogiano il Presidente Napolitano per la sua determinazione, ma quello che era il più grande partito italiano, il PDL, è nel pieno di una crisi che non sembra presagire niente di buono. E poi c’è la Lega che non ci sta. E’ noto l’antico amore di Bossi e Berlusconi, lasciarsi è un po’ morire. Insomma le cose si complicano per il neo senatore Monti candidato in pectore a capo del governo.
Lo stesso PD non potrebbe sostenere un governo tecnico se non all’interno di un’ampia coalizione. L’aver recuperato Di Pietro a una posizione comune al PD è positivo, ma non basta a Bersani. E’ noto: tutti i sondaggi assegnano all’alleanza di centrosinistra la maggioranza con qualsiasi legge elettorale, ma che Paese si troverebbe a governare Bersani? Sarebbero più trasparenti le elezioni anticipate, ma si dovrebbero svolgere con l’attuale legge elettorale contro la quale ci sarà  un referendum che, in caso di elezioni politiche, sarebbe spostato di un anno. La scelta di appoggiare un governo tecnico è in sostanza obbligatoria per il centrosinistra, ma anche per il centrodestra o per una sua parte.
Se il tentativo di un governo dell’emergenza non andrà  a buon fine, i responsabili del fallimento non potranno sperare in un radioso futuro elettorale. Tornare in Parlamento per molti sarebbe complicato anche se permanesse l’ignobile legge Calderoli. Coloro che hanno avuto l’assicurazione del Capo della nomina per un seggio alla Camera o al Senato sono, fatti i conti a palmi, circa duemila e cinquecento. Meglio cercare di tirare avanti le indennità  per un altro anno. E poi che sosterrebbero nei comizi elettorali i berluscones e i leghisti? Dovrebbero spiegare perchè il governo della destra è caduto. La favola della magistratura cattiva funzionerebbe? O forse denuncerebbero il complotto internazionale organizzato dai comunisti con i loro giornali (Economist, Time, New York Times, Figaro,ecc.ecc.) e le istituzioni finanziarie farcite di “rossi” (FMI, BEI, ecc…)? La realtà  è che il governo del fare è stato disastroso e gran parte dei suoi ministri incompetenti quanto boriosi.
La destra, ma anche il centrosinistra farebbero bene a cercare di capire che cosa è successo negli ultimi decenni. Ormai è evidente la crisi della democrazia per come l’abbiamo conosciuta. L’autonomia della politica rimane argomento per gli studiosi, ma non incide più nella realtà . Il turbo capitalismo, la finanza internazionale non hanno bisogno della democrazia: sono in grado di decidere autonomamente il governo di ogni Paese. Non è questione che riguarda solo l’Italia. Negli stessi Stati Uniti il destino dei presidenti è condizionato da ciò che succede a Wall Street. Non è paradossale che l’occidente democratico, il mondo intero, sia nelle mani di istituzioni private (Made in Usa) come le agenzie di rating? Il paradosso è che sono le stesse istituzioni che hanno favorito, con le loro valutazioni, la crisi finanziaria esplosa nel 2008 e che si trascina fino ai nostri giorni. Eppure non c’è nessun governo che ne metta in discussione il ruolo se non con qualche balbettio. Non è allucinante che trent’anni d’ideologia liberista non siano ritenuti sufficienti per far capire alle classi dirigenti che quella, come tutte le ideologie, non funziona se non per ristrette elite? Le decisioni “liberiste” di Bruxelles hanno portato la Grecia al collasso e ad una crisi sociale che appare incontrollabile. Che si vuol fare in Italia? In diverse circostanze il senatore Monti ha ricordato che senza crescita anche gli interventi sul debito pubblico non porteranno a nessun risultato. Bene. Che cosa bisogna fare per tornare a crescere? Dove trovare le risorse per quegli investimenti senza i quali la crescita non è data? Spostare il peso fiscale dal mondo della produzione a quello delle rendite e dei grandi patrimoni è la strada maestra assieme alla semplificazione degli apparati burocratici e politici. Non sarà  facile, ma è l’unica strada. E poi ci sono risorse straordinarie che sono state penalizzate per anni. Quelle del mondo del lavoro, delle masse giovanili e della conoscenza. Ridare dignità  a chi vive del proprio lavoro, dare speranze ai giovani dovrebbe essere tra le priorità  del governo che verrà .
Se il sultanato del Cavaliere di Arcore sta giungendo alla fine non finirà  rapidamente ciò che questi anni hanno prodotto nel senso comune e nei comportamenti del popolo e delle classi dirigenti di ogni colore e latitudine. La stagione di sacrifici che si prospetta richiede alla politica di riappropriarsi del significato più alto. Molto dipenderà  da ciò che si deciderà  in queste ore nei Palazzi romani. Decisivo sarà  se tutti i protagonisti riusciranno, almeno in questa circostanza, a guardare all’interesse generale e non al proprio. Il PD pur diviso al proprio interno l’ha fatto nell’accettare un governo di transizione. Di Pietro ha capito in tempo il rischio per il futuro del centrosinistra se manteneva la prima posizione espressa su Monti. Vendola ha cercato di mettere “paletti” di contenuto per il nuovo governo, ma non si è dissociato dal PD. Il centro di Casini incassa bene per il lavoro di questi mesi. Spetta alla destra fare le scelte nell’interesse del Paese. Se prevarrà  chi preferisce sparare “l’ultima raffica di Salò”, saranno problemi per tutti, ma per la destra si aprirà  una fase di nuova marginalizzazione.

Cattiva stampa

Il problema dell’Italia è la mancanza di credibilità . Un’affermazione questa che abbiamo letto per mesi in gran parte dei giornali di qualsiasi orientamento politico e di ogni latitudine. Impressiona che lo stesso giudizio sia stato espresso dalla responsabile del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, al vertice dei “grandi” di Cannes.
E’ un giudizio non corretto, esagerato? Non sembrerebbe. Napolitano ha sostenuto: “Parliamoci chiaro, nei confronti dell’Italia è insorta in Europa, e non solo, una grave crisi di fiducia”.
Bisogna prendere atto che l’Italia è stata commissariata non solo dalla Comunità  Europea, ma anche dal fondo monetario. Ispettori dei due organismi arriveranno a Roma a controllare l’azione del miglior governo avuto nella storia repubblicana.
Non si fidano di noi, perchè? Il nostro è stato uno dei Paesi fondatori dell’Europa Comunitaria, siamo la terza economia del continente e la settima o ottava al mondo. E cosa decisiva, la capacità  di lavoro e la creatività  dell’italiano medio sono da molto tempo noti nel mondo. Non siamo soltanto produttori dell’eleganza del Made in Italy, ma anche di cultura e di cervelli richiesti nelle università  e nelle imprese economiche di ogni tipo e di ogni luogo. Eppure siamo ritenuti inaffidabili dalla grande stampa internazionale e dalle leadership europee e americane. Tutto è dovuto alla malvagità  dei comunisti o c’è qualche cosa d’altro? Questa cattiva stampa sta provocando un assalto del mercato finanziario che rischia di far tracollare il nostro Paese. Perchè? La risposta non è complicata. La crisi causata dalla finanziarizzazione dell’economia richiede una forte capacità  di governo a ogni livello per far recuperare alla politica un ruolo che le è stato sottratto dall’avido mondo della finanza. E se è evidente la debolezza di tutte le classi dirigenti in Europa e in America, l’Italia è nelle mani di governanti incapaci di riconoscere la stessa gravità  della crisi. La negano.
Soltanto venerdì Berlusconi ha dichiarato: “Mi sembra che in Italia non si avverta una forte crisi. La vita in Italia è la vita di un paese benestante. I consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, per gli aerei si riesce a fatica a prenotare un posto”.
Il nostro Capo vive in un mondo a parte. Indifferente alle statistiche dell’Istat o ai rapporti del Censis, nega semplicemente l’esistenza di un problema sociale e di una crisi che monta ogni giorno di più. C’è stata una categoria di cittadini che negli ultimi due anni non ha occupato piazze e strade per denunciare un disagio economico, una sofferenza per la precarietà  del momento? No. Le pizzerie saranno anche piene, ma l’Italia è un Paese che ha il 30% di disoccupazione giovanile e oltre il 50% di donne sono in cerca di lavoro mentre tutti i servizi al cittadino sono taglieggiati dalle politiche nazionali e locali. L’imprenditoria, di ogni dimensione, è massacrata dalla mancanza di ogni stimolo alla crescita e, con una domanda pubblica inesistente, non riesce a chiudere i bilanci, ma per i Ministri berlusconiani tutto è sotto controllo. I Ministri del governo del fare? Spettacolari.
C’è qualcuno che conosce un singolo atto ministeriale, di un qualche significato, compiuto dal Ministro alle Riforme, Umberto Bossi? Il capo leghista è attivissimo nelle vallate padane, gira in un’imponente auto blu ma non ha avuto tempo, in tre anni, di mettere in campo una sola di quelle riforme che servirebbero a risparmiare risorse e innovare una pubblica amministrazione che non funziona, non perchè ci sono i fannulloni, ma perchè non è governata adeguatamente.
Di una buona politica ci sarebbe bisogno per contrastare il disastro in atto. Purtroppo la buona politica rimane una merce rara. E la responsabilità  non è soltanto dei berluscones.
Il PD è stato per molti una speranza di rinnovamento della politica. A pochi anni dalla sua fondazione è complicato affermare che le speranze abbiano trovato soddisfazione. Un partito è innanzi tutto una comunità  di donne e uomini che hanno un progetto di gestione delle contraddizioni di una società  avendo come orizzonte l’interesse generale. La stagione dei partiti “personali” è stata catastrofica per la democrazia. O No? Il PD doveva essere qualcosa di diverso ma nella sua breve storia non lo è stato. Ciò che appare evidente ancora oggi è l’incapacità  di questo partito a darsi un gruppo dirigente coeso e con un progetto unitario. Le sensibilità , le “anime”, sostengono in molti, sono un valore aggiunto. Ciò è però vero soltanto quando esse riescono a trovare una piattaforma capace di aggregare forze e non quando la questione predominante è quella della leadership. L’impressione che si ha, è quella di un coacervo di leader e di aspiranti leader che guardano con insistenza soltanto al proprio ombelico.
Anche la giusta esigenza di un ricambio delle classi dirigenti dovrebbe essere gestita con una dose di rispetto del lavoro degli altri e magari anche con una certa prudenza nell’affermare che il nuovo possa essere soltanto un fatto anagrafico. Certo che il gioco dell’oca nel centrosinistra è giocato, da una ventina d’anni, dagli stessi protagonisti. Sarebbe tempo che chi è stato interprete di sconfitte ripetute avesse l’intelligenza di mettersi a scrivere le proprie memorie. Coloro che sono scesi in campo nel passato recente farebbero però bene a ripassare la storia politica del Paese. Studiare farebbe bene anche a loro.
Eviterebbero di incorrere in dichiarazioni incaute.
L’iper sponsorizzato Matteo Renzi ha, ad esempio, dichiarato nella sua performance fiorentina, che sono stati i nonni della politica a produrre l’enorme debito pubblico del Paese. Il sindaco ha ragione. Si è però dimenticato di precisare di quali nonni si tratta. Sommessamente Le ricordo, Signor sindaco, che si tratta di “nonni” dei governi del pentapartito guidati da Craxi, da Andreotti e da altri democristiani. Nonni suoi, insomma.