Il ceto politico e l’assenza di regole

Come un bambino viziato e dispettoso Berlusconi ne ha fatta un’altra delle sue.
Si sta per svolgere il Congresso nazionale dei DS? E che ti fa il cavaliere di
Arcore: convoca il consiglio nazionale del suo partito personale, Forza Italia,
per offuscare il dibattito della maggior forza di opposizione. Il consiglio
nazionale di Forza Italia è noto per essere un organismo inutile come una torta
di plastica. Relaziona Berlusconi, interviene Berlusconi, conclude Berlusconi.
Essendo proprietario di quasi tutto il sistema della comunicazione, Berlusconi
ha potuto continuare nelle sue ossessive sparate contro il comunisti da tutte le
televisioni del Paese. Perchè meravigliarsi? Parlare di scorrettezze con uno
come il padrone della Casa delle libertà  sarebbe come chiedere ad un pavone
di non allargare la ruota.
Meglio che Prodi e compagni comincino a parlare d’altro se vogliono vincere le
elezioni regionali. E di altro hanno cominciato a parlare nel congresso di Roma.
La scelta della Federazione tra DS, Sdi e Margherita è cosa fatta. Sarà  un
nuovo partito? D’Alema dice che si vedrà  in corso d’opera. Per ora lo statuto
approvato dai DS assegna alla FED responsabilità  primarie nelle scelte concrete
di politica interna ed internazionale. Le liste unitarie per le regionali saranno un
altro passaggio decisivo per verificare l’appeal elettorale della Federazione. Si
spera che non si ripeta l’esperienza delle elezioni europee che, come si sa, non
fu brillantissima. Il partito dei riformisti è in costruzione e i diessini ne sono il
motore fondamentale.
I DS sono la principale forza politica organizzata. Si può dire di tutto, ma oltre
mezzo milione di iscritti e strutture territoriali diffuse almeno in una parte del
Paese, sono una energia essenziale per qualsiasi politica alternativa alla destra.
Lo si vede nel nostro piccolo in Umbria. Da noi sono ormai decenni che la
sinistra con varie etichette governa la maggior parte della struttura pubblica
locale. E l’ultimo congresso regionale dei DS ne è stata la dimostrazione
plastica. Non c’erano grandi attese per una assemblea congressuale in cui tutto
era stato deciso prima dai congressi delle unità  di base. La mozione Fassino
aveva stravinto e il candidato alla segreteria regionale era unico.
Sembrava un congresso di normale amministrazione in cui si dovevano
soltanto raccogliere i frutti di tornate elettorali positive (le amministrative del
2004), fare il punto magari sulla qualità  espressa dal governo regionale e
locale, predisporre le truppe per le prossime elezioni per la riconquista di
Palazzo Donini. Non è andata esattamente così. Lo scontro c’è stato ed è stato
molto aspro. Non sulla elezione del segretario. Figuriamoci, Bracco ha preso il
93% dei voti. Un vero plebiscito che ci ha fatto sentire giovani. Chi non ricorda
(con qualche angoscia) le elezioni per applauso dei segretari dei partiti
comunisti del blocco sovietico? Chi può dimenticare quei comitati centrali in cui
soltanto sparute minoranze votavano contro il segretario?
Eppure il 93% dei voti a Bracco non fotografano un partito unito.
Bracco ha posto un problema di fondo. Rischiamo di diventare il partito degli
amministratori? Non è quesito nuovo. Negli anni ’70 il dibattito si aprì nel PSI e
i giovani leoni del craxismo montante riuscirono a scalzare dal potere la
vecchia classe dirigente socialista. Alla fine degli anni ’80, nella stagione
dell’occhettismo vincente, toccò al PCI. Anche allora si denunciava una
situazione in cui i “poteri forti” condizionavano le amministrazioni. Non fu
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chiarissimo in quali circostanze questo avvenisse, ma il nuovo doveva avanzare
ed avanzò alla grande.
Perchè oggi Bracco e non solo pone la stessa problematica? E’ un problema
reale o sottostante c’è qualcosa d’altro? Che la politica anche in Umbria
esaurisca la sua funzione soltanto all’interno della gestione della cosa pubblica
non è una novità , ma la responsabilità  non può che essere collettiva. Che la
politica sia stata “personalizzata” è una denuncia non di oggi. Non dipenderà 
dal sistema politico che si è voluto imporre? E al di là  del bipolarismo che ci
può stare non sarà  che il maggioritario e il presidenzialismo in tutte le sue
versioni favoriscono la feudalizzazione delle classi dirigenti politiche? Scansati
tu che mi ci metto io sembra essere ancora una volta lo slogan dei nuovisti in
movimento. Il problema vero sono le regole che mancano nella costruzione del
ceto politico. Prendiamo il limite nei mandati elettorali. Prevedere che il limite
sia due mandati è fuorviante. E’ ovvio che potrà  essere disatteso per molti
motivi e comunque non risolve il fatto della carriera politica. Fare due mandati
in regione, due al parlamento, due in provincia, due in un comune per un
dirigente significa essere impegnato nella macchina pubblica per 40 anni 40.
Non è poco. Ci vogliono altre regole fissando anche incompatibilità  e criteri
condivisi nella scelta dei candidati. Ad esempio, è acquisito il fatto che il listino
per le elezioni regionali è una assurdità . Che ci siano persone che entrano
nell’assemblea regionale senza essere elette stride con la trasparenza e con la
democrazia. Non si è potuto (?) cambiare la legge e allora si dovrebbe stabilire
un criterio per l’uso dei posti del listino. Se c’è una logica questa dovrebbe
portare ad inserire nel listino candidati nuovi che non hanno ancora quel
consenso elettorale che deriva dalla notorietà . Una giovane donna? Un
rappresentante della cultura o della produzione? Un ragazzo da sperimentare?
Questo dovrebbe essere il criterio. Nei palazzi della politica sembra invece che
si discuta del listino in altro modo. Posto sicuro? Mettiamoci i capi della
coalizione. Sinceramente la cosa sarebbe paradossale. Un leader affermato non
può che cercare il consenso popolare anche attraverso il voto.
Sono gli oligarchi che si sentono predestinati ad un potere che non richiede a
nessuno, specialmente agli elettori, alcun mandato.
Corriere dell’Umbria 6 febbraio 2005

Si parli finalmente di programmi

Il risultato delle elezioni primarie per la scelta del candidato della coalizione di
centrosinistra in Puglia ha provocato una discussione molto aspra all’interno dei
partiti. L’inaspettato successo dell’onorevole Vendola è stata la miccia che ha
fatto esplodere le tensioni sopite soltanto qualche giorno prima tra i leader del
raggruppamento che fa capo a Prodi. Ad essere più preoccupati, con molte
ragioni, sono i diessini che si ritrovano ad essere stretti tra i niet di Rutelli e le
esigenze di un Prodi sempre più incastrato dalla scelta di formare liste uniche
dei riformisti e con l’imposizione di elezioni primarie per la conferma popolare
del leader anti cavaliere. Non è che abbiano torto coloro che ritengono una
forzatura sia l’una che l’altra cosa. Dalla sua Prodi ha l’esigenza di non correre
il rischio di ritrovarsi a guidare un governo completamente esposto alle
“esigenze” dei singoli partiti del raggruppamento del centrosinistra. Abbiamo a
che fare con alcuni leader che quanto a prosopopea e improvvisazioni sciocche
non hanno limiti. Che Rutelli possa affermare che il centrosinistra deve fare a
meno del valore dell’ uguaglianza o che dichiari vecchiume la socialdemocrazia,
è l’ultimo esempio dell’aprir bocca e dargli fiato senza che il dire passi per il
cervello. Nessuna meraviglia, non una novità  per l’ex radicale ottimo
competitor di Berlusconi nelle elezioni del 2001.
La strada voluta dal professor Prodi per questa sorta di assicurazione personale
sembra essere perigliosa. La lista unica per le elezioni europee non ha ottenuto
straordinari consensi per i riformisti. Basta analizzare i dati elettorali per
verificarlo.
Quando tutti si riconoscono nella leadership di Romano Prodi si capisce poco
perchè si vogliano elezioni primarie subito dopo la competizione regionale,
quale è la logica? Una bella consultazione di massa sui programmi e sulle cose
da fare una volta al governo non sarebbe stata cosa più utile e saggia? E’ poco
comprensibile che si chiami la gente al voto per una cosa chiamata “primarie”
per poi meravigliarsi delle conseguenze che il processo che si attiva può
provocare. Le primarie presuppongono regole certe e non improvvisazioni.
Sarebbe stato utile studiare come e perchè negli USA si è imposto questo
metodo di selezione delle classi dirigenti. Non tutti sanno che esso fu scelto
come una risposta “da sinistra” alla crisi dei partiti politici americani. Finite
nelle mani di boss e di apparati oligarchici, le organizzazioni politiche di allora,
manipolavano le candidature per le diverse elezioni in modo così brutale da
allontanare la gente dalla vita pubblica. Ogni riferimento alla situazione italiana
attuale è puramente casuale. Poi, con periodi di crescita e di crisi, negli anni il
meccanismo si consolidò e si trasformò radicalmente. I partiti da associazioni
private con i loro statuti e norme liberamente scelti dagli iscritti, divennero
“agenzie governative” disciplinate da leggi dello Stato. Oggi per poter essere
eletto in qualsiasi consesso in USA la prima esigenza è quella di avere molti
quattrini per partecipare alle primarie. Tutti possono partecipare, ma costa,
costa molto e sono le lobby economiche che decidono il tutto. Quelle che Prodi
vuole non sono comunque primarie all’americana come dicono alcuni. Si tratta
più semplicemente di una verifica di massa dell’appeal del candidato del
centrosinistra al di là  della volontà  dei leader di partito. La cosa potrebbe
aiutare a ridare fiato ad una coalizione scossa da incomprensibili litigi, ma per
cortesia non chiamatele primarie. E cominciate ad occuparvi di altro.

Ancora una volta, a pochi mesi dalle elezioni regionali il centrosinistra appare
diviso. Nessuno è stato informato di quali programmi e quali idee l’Ulivone ha
per governare gli enti regionali in una fase di profonda crisi del Paese. Sapere
che non c’è ancora accordo su come chiamare l’alleanza rasenta il ridicolo, anzi
lo scavalca.
La questione riguarda anche noi. Il centrosinistra governa l’Umbria da molti
anni e, quindi, si potrebbe pensare che la continuità  con le cose fatte sia
sufficiente a confermare il centro-sinistra al governo. Ed è pur vero che la
destra non sembra produrre alcunchè di diverso dall’inchino perpetuo al
berlusconismo e all’Unto del Signore. Ed è vero che il potere gestito prima dai
comunisti e socialisti umbri, poi più recentemente dal centrosinistra, non ha
prodotto miseria e morte come urla il Berlusconi rampante ad imitazione di
Bush che, come è noto a tutti, è in lotta perpetua contro il male. E’ evidente
anche ai più sprovveduti che l’Umbria è divenuta regione moderna e civile
anche grazie al lavoro amministrativo e politico dei gruppi dirigenti che per
decenni hanno diretto la nostra comunità . La propaganda della destra rimane
brutale forzatura dello stato di cose esistente in Umbria ed anche per questa
ragione non riesce a costruire una proposta alternativa di governo credibile.
Questo però non risolve la questione di come rendere più incisiva ed adeguata
in questi tempi difficili e incerti l’azione di governo del centro-sinistra in
Umbria. Non c’è bisogno di una riflessione programmatica su cosa e come
innovare una società  che soffre di mali antichi, ma anche di contraddizioni della
modernità ? Siete certi che non sia il caso di analizzare la condizione del lavoro
dei giovani. E delle nuove povertà  dovute alla crisi economica vogliamo
parlarne nei programmi di governo o siamo convinti che tutto va bene? Siamo
certi che l’ideologia delle privatizzazioni di tutto, compresa l’acqua, sia ancora
oggi una linea giusta? I disastri prodotti dal liberismo rampante sono sotto gli
occhi di tutti. Non è tempo di ripensare alla salvaguardia pubblica dei beni
comuni considerando che il libero mercato per sua natura non può farlo?
Corriere dell’Umbria 23 gennaio 2005

L’oligarchia romana decide tutto

Sembra proprio che ci stiamo abituando a tutto. Sarà  che la politica interessa
soltanto chi la pratica come una carriera qualsiasi, ma nessuno sembra
interessarsi troppo al degrado del sistema politico e, come obbligata
conseguenza, della democrazia repubblicana. Intellettuali, politici, editorialisti
di fama di tutte le sensibilità  politiche, continuano a propinarci un’idea della
democrazia radicalmente diversa da quella prevista dalla Carta Costituzionale.
Qualche esempio concreto. Un addetto ai lavori mi ha spiegato che le
lacerazioni del centrosinistra si stanno sanando a livello nazionale, non c’è da
preoccuparsi troppo. E Prodi ci dice che la grande alleanza democratica non ha
tensioni, si discute. Venendo al sodo, Mastella non avrà  un candidato
dell’Udeur a presidente di regione, ma in compenso potrà  ottenere qualche
assessore di peso e un vice presidente di regione. Notando il mio stupore,
l’interlocutore mi ha rassicurato: a Roma si sta trattando non solo la
spartizione dei candidati presidente, ma anche dei componenti delle prossime
giunte regionali. Nessun commentatore politico di destra o di sinistra ha
rilevato l’assurdità  di un sistema che prevede la scelta centralizzata dei capi dei
governi regionali. Anche la sinistra ex radicale si è adeguata al tavolo nazionale
che decide ciò che dovrebbe essere di competenza e responsabilità  locale. Tutti
federalisti Inox, i “nostri” leader si accingono a somministrare da Roma la lista
dei candidati di tutte le regioni, inoltre, si impegnano a sollevare i futuri
presidenti eletti dalla fatica di scegliere da soli gli assessori regionali. Bellissimo,
non trovate? Gli uscieri, le dattilografe e gli impiegati di concetto potranno
essere selezionati dalle forze politiche locali? Ci assicurano che risolto il
problema della sistemazione di famigli, nipoti e amici qualche posto rimarrà  da
ricoprire, non c’è da impensierirsi. Il Manuale Cancelli risorge con vigore dalle
ceneri delle antiche lottizzazioni.
Nel 2006 poi, per le elezioni politiche, nessuno dovrà  affaticarsi per scegliere i
candidati nei collegi della Camera e del Senato: l’oligarchia romana farà  tutto il
lavoro. Non è stupendo? A noi spetta soltanto l’obbligo di votare per il
miracolato di turno. Alla faccia di ogni criterio di rispetto dell’autonomia locale
si è creata una situazione che potremmo definire di democrazia guidata e
protetta. La destra ha un padre-padrone solitario nella gestione del potere, il
centro-sinistra una nomenclatura rumorosa e rissosa. Non tutti sanno
apprezzare la differenza.
Qualcuno cercherà  di convincerci che è sempre stato così. Sbaglia di grosso e
racconta bugie. Roma non ha mai scelto il presidente della Regione dell’Umbria.
O meglio, lo ha fatto una volta in occasione della stagione del nuovo che
doveva avanzare. Le conseguenze di quella scelta romana come è noto ai
protagonisti di allora, non sono state lievi sul sistema politico umbro. Il nuovo
è avanzato alla grande tra l’entusiasmo delle masse popolari e oggi se ne
vedono gli straordinari risultati.
Non è un grande risultato il fatto che a pochi mesi dalle elezioni regionali in
Umbria si stia ancora discutendo con quale legge elettorale si dovrà  andare al
voto? Sembrava prevalere la posizione della presidente Lorenzetti tesa ad
evitare forzature e non toccare la legge vigente poi, con uno scatto di reni non
comune, i riformisti e alleati sembra che abbiano trovato l’accordo per una
nuova legge elettorale da presentare e approvare, sia anche come l’ultimo atto

di un consiglio già  in scioglimento. Bravissimi ed efficientissimi i capo gruppo
regionali del centro-sinistra. Pur sapendo che per l’intreccio con la vicenda
dello statuto può risultare inutile il tentativo, vogliono provare ad aumentare i
consiglieri, ma più che altro si affaticano per realizzare un meccanismo
elettorale che assicuri ad un certo numero di candidati di essere eletti senza
bisogno di essere votati da nessuno. Il consenso popolare per qualcuno è un
optional arcaico.
Non è chiarissimo quale sarà  la maggioranza che approverà  la nuova legge. Se
la destra non ci sta che cosa fa il centrosinistra vota ugualmente a
maggioranza semplice? Allora ha ragione il cavaliere, ex presidente
dell’A.C.Milan, quando sostiene di voler cambiare da solo le regole del gioco?
Nel merito si può dire che non è indecente il fatto di voler aggiungere sei
consiglieri all’assemblea regionale. Se il consiglio avrà  competenze e un ruolo
più significativo di quello odierno, l’aumento ci potrebbe stare. Lo scandalo sta
nei tempi dell’approvazione della legge elettorale e nel voler salvaguardare nel
voto i leader del ceto politico locale di destra, di centro e di sinistra. Una
banalissima domanda: possibile che non vi sia l’ambizione di verificare nel
concreto, con la gente, la propria leadership e ci si accontenti del consenso
degli esangui organi di partito? Dove è nascosta la passione per la politica?
Si stanno comunque incartando con le loro macchinazioni.
Non si sa se ridere o piangere. Gli ottimisti sostengono che è meglio ridere.
Dicono che ormai la politica è così lontana dal comune sentire che quello che fa
o non fa il ceto politico incide così poco nella realtà  da essere insignificante. I
pessimisti invece suggeriscono il pianto. Pensano con qualche ragione che
senza una rifondazione della politica non ci sia speranza per il nostro Paese.
Permanendo questa situazione di degrado della vita pubblica sarebbe possibile,
anche in presenza di una vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni, la
continuazione del berlusconismo senza Berlusconi. Una prospettiva non proprio
entusiasmante.
Corriere dell’Umbria 9 gennaio 2005

Ds, mozione bulgara in Umbria

Le cose si complicano anche per la nostra comunità . La finanziaria per il 2005 sta
diventando legge e le novità  sono rilevanti per tutti.La destra descrive il provvedimento legislativo come un efficace taglia tasse e
promettendo di andare avanti nella strada del liberismo più radicale, sembra considerare poco o niente gli allarmi di quasi tutte le forze sociali per il degrado che si provocherà  nelle condizioni di vita della maggioranza dei cittadini del Paese.
Berlusconi per mettere a tacere il dissenso interno ha alzato la posta così che tutti i berluscones della coalizione si sono messi in riga ed hanno obbedito al capo supremo.
Il governo di centrodestra un risultato lo sta ottenendo: l’esplosione degli scioperi di quasi tutte le categorie produttive e gli allarmi desolati della Confindustria.Tutto si potrà  dire meno che Berlusconi abbia favorito la pace sociale, ma essendo
il nostro un rivoluzionario la cosa non sembra provocare allarme e poi ci pensanole televisioni a mistificare alla grande. Il Tg Uno non ci dice che tagliare le tasse ai ricchi per rilanciare l’economia è una balla che non ha funzionato in nessuna parte del mondo e non funzionerà  in Italia. Il dottor Bruno Vespa nel suo salotto non racconta che l’unica cosa certa, con questa finanziaria, è l’aumento delle imposte indirette e il crescere delle imposizioni fiscali delle Regioni, dei Comuni e delle Province. Non è così? Due soli esempi. Con l’aumento degli estimi catastali aumenterà  obbligatoriamente l’ICI. Dove si prenderanno 7 miliardi di euro che
mancano al servizio sanitario per il 2004 e i 5 miliardi per il 2005 li vinciamo al lotto? Le Regioni dovranno aumentare l’Irpef e l’Irap se vogliono mantenere i già  critici servizi al cittadino. Dal punto di vista della propaganda, Forza Italia elogerà  il santo Berlusconi che taglia le tasse mentre Rita Lorenzetti dovrà  aumentarle, ma la sostanza è che chi ha bisogno di curarsi spenderà  ancora di più di quanto già  spenda oggi.
Un mio amico insegnante con moglie e figli, non ha avuto rinnovato il contratto di lavoro scaduto da anni, in compenso risparmierà  un euro al giorno di tasse dirette. Pagherà  più imposte sulla casa ed ogni volta che la famiglia avrà  a che fare con qualche problema medico saranno salassi anche economici. Fumare oltre che un danno alla salute è ancor più costoso, così ha deciso di troncare con il vizio. Già  oggi arrivare alla fine del mese è un problema, nel prossimo anno la situazione peggiorerà  per tutta la povera gente ed anche per il mio amico del ceto medio. Come faranno gli amministratori umbri a spiegare ai propri amministrati che la
qualità  del welfare costruito in tanti anni non reggerà  ai tagli del governo centrale
senza che si aumentino le tasse e i prelievi regionali? Non è che i nostri leader abbiano grande consuetudine a mobilitare la gente e i
partiti sono ormai divenuti “leggeri”. Privi di mezzi di comunicazione e svuotati di ogni potere che non sia quello proprio di un comitato elettorale, le organizzazioni politiche vivono in un mondo a parte, lontano dalle sensibilità  della maggioranza della gente. Anche in Umbria domina ormai il “partito degli assessori” con la logica conseguenza che a eccellere sono le capacità  amministrative dei dirigenti, quelle politiche si sono praticamente atrofizzate per scarso utilizzo. Organizzati e strutturati per gestire l’esistente, nei gruppi dirigenti quando il già  noto entra in crisi per ragioni finanziarie, predomina lo smarrimento del che fare. Oggi è di una grande discussione politica di massa che si avrebbe bisogno per spiegare il degrado che sta rischiando anche la nostra comunità . Di questo
dibattito politico non si sente eco. I DS vanno a congresso con quattro mozioni quattro senza che questo evento
abbia la minima risonanza nell’opinione pubblica. I cattivi lo ritengono il congresso più inutile degli ultimi venti anni, ma sono cattivi. Un assise congressuale è sempre un evento di democrazia anche quando riguarda soltanto gli addetti ai lavori. Uno sforzo per rendere più comprensibile all’esterno le ragioni delle quattro mozioni non sarebbe stato male, ma così vanno le cose.
Per intanto va segnalato che la mozione Fassino sta ottenendo dalle nostre parti una percentuale bulgara. Quello che si chiama il correntone rischia di dover cambiare, almeno in Umbria, il nome visto che la mozione presentata ottiene
percentuali non esaltanti che non giustificherebbero l’enfasi del nome. La ragione del ridimensionamento di una delle correnti di minoranza dei DS sono molte e non è detto che non abbia ragione quel dirigente diessino che ha definito i DS un
partito liberal- democratico nella teoria e stalinista nella vita interna. Probabilmente l’assillo dell’unità  del partito ha ancora una volta prevalso. La cosa non è una novità . Anche nel vecchio PCI il segretario nazionale, chiunque esso fosse, aveva una rendita di posizione che gli garantiva il consenso al di là  della giustezza delle cose che diceva. E poi il mutamento di posizione di alcuni leader
del correntone non hanno certo aiutato ed anche questa non è qualcosa di eccezionale. Per ragioni differenti e con stile diverso anche i generali e colonnelli cambiano a volte collocazione. Lo hanno spesso fatto anche nel passato. Essere in minoranza non è una condizione piacevole in qualsiasi situazione e poi le elezioni si avvicinano a grandi passi. Rischiare non è il massimo con i tempi che corrono. Beato il partito che non ha bisogno di eroi.
Corriere dell’Umbria 19 dicembre 2004

La carta dell’Umbria tra speranze e certezze

L’Umbria ha il suo nuovo statuto. Anche se votato da una particolare e risicata
maggioranza di consiglieri, lo statuto è stato ritenuto in quasi tutte le norme
conforme alla costituzione repubblicana e tanto basta per chiudere una discussione
che nelle sue varie fasi ha segnato e diviso traversalmente le due coalizioni politiche.
Non è stata accolta dall’alta corte la disposizione che prevedeva “il lavoro in affitto” e
l’incompatibilità  tra consigliere e assessore. Alcune dichiarazioni sembrano voler
confermare il meccanismo con una legge ordinaria che, assicurano, è già  in avanzata
fase di elaborazione. Abbiamo la speranza di avere un’assemblea di molti più membri
degli attuali? La speranza è l’ultima a morire.
C’è un piccolo problema per il centrosinistra.
Berlusconi nella sua enfasi di salvatore della patria ha preso l’impegno di modificare la
legge elettorale vigente per le elezioni politiche. Berlusconi lo vuol fare a modo suo
per avere qualche speranza in più di vincere nel 2006. L’alleanza di centrosinistra è
insorta dichiarando che non si possono cambiare le regole a partita iniziata. Hanno
ragione quelli di Roma o fanno bene quelli di palazzo Cesaroni a Perugia? Ai posteri
l’ardua sentenza. Quello che è certo è lo sbigottimento della gente rispetto al mondo
della politica. Sommessamente va ricordato un clima molto pesante anche in Umbria
nei confronti degli addetti ai lavori. Le firme raccolte per il referendum contro le
indennità  dei consiglieri non sono un bel messaggio e al di là  di tutto, avrebbero
dovuto indurre ad una pausa di riflessione. Il qualunquismo è una brutta bestia che
non va alimentata con comportamenti sbagliati. Ma forse la certezza di vittoria della
coalizione di centro sinistra nella nostra regione ottenebra l’intelligenza politica di
molti, di troppi dirigenti ulivisti e non solo. Sarà  che nei periodi di crisi tende a
prevalere la salvaguardia del proprio particolare e non si considerano i danni alla
democrazia che certe scelte possono produrre? E’ un’ipotesi da indagare.
Berlusconi vuole modificare legge elettorale e norme sugli spazi televisivi.
Completamente indifferente alla lacerazione che si produce nella già  mal ridotta
democrazia italiana, il cavaliere conferma la sua visione populistica e proprietaria nel
rapporto con il Paese. Le reazioni del centosinistra non hanno alcuna credibilità  forse
perchè incoerenti rispetto ai comportamenti concreti dei propri leader locali e
nazionali. Un esempio per tutti. Lo scontro Prodi-Berlusconi sui “mercenari” conteneva
una mistificazione vera e propria: la rimozione dalla realtà  di come concretamente si
svolge la politica oggi in quasi tutti i partiti italiani.
La crisi delle organizzazioni di massa dura ormai da oltre un decennio ed ha prodotto
un modo di fare politica in cui è quasi scomparsa ogni forma di lavoro politico
volontario. I giovani partecipano a molte iniziative di volontariato, ma raramente li si
ritrova nell’impegno politico. La politica va fatta dai professionisti, dichiarò con enfasi
un leader massimo dell’Ulivo. Così la politica viene normalmente vissuta come una
carriera che ha le sue regole e i suoi meccanismi di avanzamento. La passione politica
è diventata merce rara e i militanti di partito sono una categoria estinta per volontà 
precisa delle oligarchie politiche. Intendiamoci bene.
Non può fare scandalo che chi lavora a tempo pieno in politica abbia una sua
retribuzione. E’ una discussione antica quanto il mondo. Il berlusconismo non è stata
la prima esperienza politica della destra che, disprezzando la politica, voleva
assegnare soltanto ai ceti abbienti il potere di esercitare il governo della cosa
pubblica. Chi lavora in politica deve essere pagato. Con misura però. Qualche sobrietà 
non guasterebbe.
Chi li ha conosciuti, non può non ricordare con stima e affetto i mitici funzionari di
partito o più romanticamente i rivoluzionari di professione. In genere erano persone di
ogni ceto sociale che sacrificavano la propria vita e spesso quella delle proprie famiglie
per un’ideale politico di emancipazione. Stipendi di fame e pochi privilegi. Anche
quando succedeva loro di essere eletti in qualche assemblea pubblica o diventare
amministratori, la regola era che il loro trattamento economico non si modificava:
sempre retribuzioni pessime e pochi benefit. Un mondo antico si dirà  con qualche
ragione, ma esso da cosa è stato sostituito? Dai partiti leggeri. E la ricchezza culturale
e politica di quell’esperienza democratica straordinaria che cosa è rimasto? La politica
si esaurisce all’interno della struttura istituzionale e il lavoro volontario richiesto è
quello di supportare i vari candidati. Non esiste alcuno sforzo di elaborazione politica
che vada al di là  della gestione dell’esistente. Il vincolo e il sogno è il pareggio di
bilancio del piccolo o grande ente che si gestisce. La politica si è personalizzata e non
solo la politica. In recenti elezioni di rappresentanze sindacali alcuni candidati hanno
ritenuto carino far stampare depliant con la loro foto: votate questa faccia. Mi
presento bene, ho un bel sorriso e degli occhi niente male.
Certo il sindacato di classe poteva essere a volte schematico. Ma passare dall’elezione
di un consiglio di fabbrica su scheda bianca, per assicurare la massima libertà  nelle
scelte, alla richiesta di un voto alla persona come se si trattasse di una pin up di grido
non è un gran bel vedere. Potrebbe aiutare la vulgata berlusconiana che la politica e la
vita è tutto uno spot pubblicitario.
Corriere dell’Umbria 12 dicembre 2004

Berlusconi spera nell’effetto Bush

Il presidente G.W.Bush entrerà  certamente nei libri di storia e non solo per
aver teorizzato e praticato la teoria delle guerre preventive che tanto hanno
ottenuto nella lotta al terrorismo. Il capo attuale della Casa Bianca entrerà 
nella leggenda per essere stato il presidente che ha prodotto il maggior deficit
nella storia degli Stati Uniti d’America. Se si considera il debito aggregato
(famiglie, imprese e Stato) l’indebitamento americano ha raggiunto il 300 per
cento del prodotto interno lordo. Una percentuale da capogiro che rende
l’America la nazione più indebitata del mondo. Gli americani stanno cercando di
risolvere scaricando sul resto del mondo il problema e l’attuale debolezza del
dollaro ha questa matrice.
Oltre al fatto che in quel grande Paese si consuma più di quanto si produca,
uno dei motivi di questa situazione è stato il massiccio taglio delle tasse che
l’amministrazione Bush ha concretizzato nella passata legislatura.
Anche un principio degli economisti liberisti dei secoli scorsi, quello delle tasse
di successione, è stato spazzato via dai neo-conservatori americani suscitando
le proteste di qualche magnate del posto. Il risultato del taglio delle imposte
sulle persone fisiche ha modificato profondamente, in peggio, le condizioni di
vita della povera gente, ma anche del ceto medio. Ad esempio tagliare le tasse
ha comportato la distruzione del servizio sanitario pubblico americano. Oggi
circa il quindici per cento della popolazione USA non ha alcuna forma di
protezione sanitaria e alle famiglie non resta che indebitarsi per curarsi e
sopravvivere. Nonostante questo disastro economico e sociale, Bush ha rivinto
le elezioni presidenziali sbaragliando i democratici. Perchè Lui si e io no, si sarà 
domandato Berlusconi? Quanto a situazione disastrosa non è che il nostro
Paese sia secondo a nessuno. All’attacco, ha deciso il cavaliere. Tornati all’ovile
gli eoroici uomini del pre ultimatum, Follini e Fini, ecco la campagna mediatica
sul taglio delle tasse in Italia che libera stampa e libera tv ci stanno propinando
in queste settimane. Che si tratti di una presa in giro lo si capisce, basta fare
qualche conto in famiglia. Ma continua a sbagliare il centrosinistra quando
accusa Berlusconi di non mantenere gli impegni presi con gli elettori. E’ vero
che la “riforma” fiscale proposta è un mostriciattolo che serve per la
propaganda, ma una coerenza il cavaliere la dimostra giorno dopo giorno. E’ un
uomo diventato ricchissimo negli ultimi dieci anni grazie all’ingresso in politica
e sta sistemando la sua classe: i ricchi del Paese. Via le tasse di successione,
lieve abbattimento dell’Irpef che dà  una mancetta a quasi tutti e un altro bel
regalo ai ceti alti. Nessuna azione seria per combattere l’enorme evasione
fiscale anzi.
Il padrone della Casa delle libertà  è un venditore eccellente di sogni, ma anche
lui ha un suo miraggio personale.
Il sogno berlusconiano è quello di fare come l’amico Bush. Un sogno che può
diventare una catastrofe per i conti e servizi pubblici del Paese? Così dicono
quasi tutti gli organismi economici internazionali e gran parte degli economisti
nostrani. Gli USA possono scaricare sul mondo i loro problemi mentre il nostro
debito lo dovremo pagare noi tagliando ulteriormente lo Stato Sociale. Meno
sanità  pubblica, meno trasporto pubblico, tagli alla scuola e all’università ,
scarsi investimenti in ricerca e infrastrutture e via ridimensionando la qualità 
dello sviluppo dell’Italia.
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Di fronte a questo quadro, che definire preoccupante è un eufemismo, cosa
fanno gli oppositori di Berlusconi?
Discutono animatamente sul come chiamare la coalizione: Grande Alleanza?
Alleanza? Ulivo? Progressisti? Altri pressanti interrogativi sono: quando e come
facciamo le primarie? Chi candidiamo a presidente della regione? La
Federazione dei riformisti come la regolamentiamo? E nei Diesse ci si domanda
se conviene eleggere al congresso Fassino o è se sia meglio mantenere il
meccanismo attuale? Arduo dilemma che soltanto la storia giudicherà .
Intendiamoci, tutti temi importanti. Hanno il difetto di interessare soltanto gli
addetti ai lavori. La gente comune ha altro a cui pensare e forse è tempo per il
centro sinistra di accelerare le proprie proposte rispetto ai valori e programmi
con cui intenderebbe governare l’Italia. Al populismo della destra si deve dare
una risposta comprensibile. Prodi ha ragione quando afferma che il nostro è un
Paese da rifare. Si tratta di stabilire come, con quali forze, con quali valori e
per quali obbiettivi. Da questo punto di vista è interessante una discussione
interna al centrosinistra rispetto all’analisi del risultato delle elezioni americane.
L’interrogativo del perchè Bush abbia vinto è di grande significato. La vittoria è
venuta perchè Bush ha interpretato gli umori profondi del Paese? O al contrario
per la debolezza dell’alternativa democratica che non è riuscita a mobilitare
tutte le forze escluse dal modello di società  imposto dai reazionari
dell’Amministrazione? Una discussione di massa sull’argomento e non nei
salotti televisivi, aiuterebbe a scegliere programmi e idee adeguate al
centrosinistra.
Per fortuna le forze sociali del nostro Paese stanno mostrando una capacità  di
reazione importante e al di là  dello sciopero generale dei sindacati,
imprenditori di tutte le categorie sembrano concordare sul giudizio negativo
rispetto alla finanziaria berlusconiana proponendo altro rispetto ad un taglio
delle tasse che non potrà  avere alcun effetto positivo.
E’ un vero capolavoro politico quello compiuto dall’uomo di Arcore. Chi se non
lui sarebbe riuscito a compattare i sindacati confederali e far discutere
positivamente Montezemolo con Epifani e Pezzotta?