da Francesco Mandarini | Feb 27, 2006
La campagna d’inverno televisiva del capo della destra italiana ha
ottenuto risultati? Uno senza dubbio alcuno: la dimostrazione
plastica della crisi del sistema democratico italiano. Una crisi
che nasce da lontano e che la sinistra ha subito, quando non
alimentato con la scelta sciagurata della personalizzazione della
politica. Ogni regola di decenza è stata strappata dal cavaliere
di Arcore senza che la “libera” stampa si sdegnasse più di tanto.
Flebili le voci dell’intellettualità alla page, deboli le risposte
di fette consistenti della democrazia italiana organizzata nei
partiti politici o dalla società civile. Stesso balbettio per
l’opzione di alleare la Casa delle Libertà alle organizzazioni
fasciste italiane compiuta da Berlusconi nel silenzio del prode
Fini e del ridanciano Casini. Rimpiangere De Gasperi è per noi,
della redazione di Micropolis, duro da digerire e non lo
sopportiamo. Anche se non esiste in Europa alcun partito
conservatore che accetti di stare assieme al governo con i
fascisti, registriamo che pochi si sono indignati. E’ questa
l’evidente conferma della peculiarità del berlusconismo come
sistema di valori che ha permeato una parte consistente del popolo
italiano.
Come ha reagito l’Unione all’aggressività della destra? In una
fase ha prevalso lo sbigottimento ed una sorta di panico
collettivo ha preso dirigenti e popolo: la scontata vittoria il 9
aprile è divenuta meno certa. Poi per fortuna si è cominciato a
parlare delle cose da fare se il centrosinistra vincerà le
prossime elezioni. Non ha provocato entusiasmi la presentazione
del programma dell’Ulivo anche per la mole del documento
programmatico. Sarebbe ingeneroso liquidare tutta l’elaborazione
come frutto di un compromesso moderato. Non è così. Anche se non
tutto ciò che è scritto convince, si può considerare un terreno
più avanzato il programma unionista? Discussione aperta. La cosa
che ha comunque colpito è stato l’esplodere immediato della
polemica interna agli unionisti. Presidenti, Illy e presidentesse,
Bresso, si sono sentiti in dovere di segnalare la loro
insoddisfazione rispetto al documento presentato da Prodi e
siglato dai segretari dei partiti dell’Unione. Che dire? La
feudalizzazione della politica produce oligarchie locali che
vogliono in ogni circostanza riaffermare il loro potere? Ci
sembrerebbe esagerato. In realtà quello che continua a spaventarci
è il consolidamento di un ceto politico nazionale autoreferenziale
che costruisce “capi feudo” premiati con carriere politiche troppo
spesso decise quasi esclusivamente dal rapporto con il leader di
Roma. La discutibile e discussa metodologia delle elezioni
primarie per la scelta dei candidati per elaborare le liste dei
prossimi parlamentari è stata utilizzata soltanto in poche
province del Paese. Per il resto tutto è stato deciso nella
capitale. Come è ormai consueto l’Umbria non si è distinta per
alcuna forma di partecipazione popolare alla scelta dei candidati.
Quelli della lista unica DS-Margherita erano prevedibili da mesi.
Aspra è stata invece la tenzone dentro Rifondazione, ma alla fine
la scelta dei futuri eletti è stata quella voluta da Bertinotti.
Come è nostro costume non esprimeremo valutazioni relative alle
candidature. Si tratta di nomi di lunga esperienza politica che
non hanno un gran bisogno di presentazione avendo partecipato al
gran gioco dell’oca caratteristico di questi anni di crisi dei
partiti di massa. Fanno tutti parte di quel ceto politico che, nel
bene e nel male, governa l’Umbria da qualche lustro.
Ribadiamo invece la nostra preoccupazione rispetto al metodo
ancora una volta scelto per costruire la classe dirigente politica
del centrosinistra. Metodo ancora più grave in presenza di una
sciagurata legge elettorale che falsamente viene presentata come
proporzionale. Si tratta di una truffa che ha dato ai vertici dei
partiti tutto il potere di scelta degli eletti e che con il
meccanismo dei premi di maggioranza può rovesciare la volontà
popolare.
Rimaniamo convinti che la scelta della lista unica come premessa
del nuovo partito democratico è una scelta infelice e rischiosa
per lo stesso risultato elettorale. Una scelta che può produrre
molti danni collaterali. Strano che l’allievo dei gesuiti, Fassino,
abbia sottovalutato il rischio che una parte dell’elettorato di
sinistra preferisca la laica “Rosa nel pugno” all’ambiguità della
alaicità della lista con l’allievo del cardinal Ruini, Rutelli.
Ci sarà consentita inoltre qualche perplessità nell’immaginare in
una sola formazione politica leader che hanno faticato alla grande
per costruire un progetto di governo, si sono combattuti per
ottenere qualche posto in più in lista e che hanno radici
culturali e politiche molto diverse. Come immaginare in un solo
partito Fisichella e Fabio Mussi o Carnieri insieme a Bocci? Chi
vivrà , vedrà . Lo scetticismo è legittimo.
Per intanto è importante battere Berlusconi e possibilmente
incrinare il berlusconismo. Da qui il nostro impegno nella
campagna elettorale. Possiamo giudicare come vogliamo il programma
dell’Unione o i candidati proposti. Ciò che non possiamo fare,
anche elaborando le critiche più aspre rispetto al centrosinistra,
dare spazio all’astensionismo. Non ci si può astenere: sconfiggere
la destra costituisce la premessa per costruire un terreno più
avanzato anche per la sinistra che vogliamo rappresentare con il
nostro mensile politico.
Abbiamo coscienza che il berlusconismo sopravvivrà a Berlusconi.
Siamo consapevoli che occorrerà molto tempo prima che la
democrazia italiana esca dalla crisi consolidatasi in questi anni
anche per scelte e impostazioni istituzionali di una parte
consistente dei riformisti nostrani. Minoritarie sono all’interno
dei DS le voci che cercano di riconsiderare i sistemi elettorali
anche alla luce della crisi della rappresentanza. Disattenta
Rifondazione per tutto ciò che riguarda le questioni del sistema
istituzionale. Ancora inesistenti nei partiti riflessioni attorno
alle tematiche del federalismo o del presidenzialismo regionale.
Sconfiggere la destra populista è anche un bel aiuto a far
riflettere i nostri non più giovani eroi unionisti attorno alla
questione della ricostruzione di una democrazia di massa. La
consideriamo l’unica medicina per la leaderite acuta di cui molti
di loro soffrono.
Micropolis febbraio 2006
da Francesco Mandarini | Feb 26, 2006
Che i mezzi di comunicazione della modernità siano un formidabile
strumento politico è certo e non è una novità . F.D.Roosevelt
eletto per tre mandati presidenziali è stato uno straordinario
comunicatore e forse il primo che seppe usare la radio per la
propaganda del suo “New Deal”. Il nazismo consolidò il suo potere
terribile anche attraverso i mass media di quel tempo, radio e
cinema. Specialisti della comunicazione di massa attribuiscono
all’ultimo dibattito televisivo la vittoria di J.F.Kennedy
sull’abilissimo Richard Nixon. Kennedy “bucò” lo schermo, Nixon
sudato e intimorito dal mezzo televisivo non riuscì a contrastare
l’affascinante giovane cattolico. E perse le elezioni già date per
vinte.
Nel nostro piccolo è certo che il confronto televisivo tra
Occhetto e Berlusconi del 1994 fu uno dei motivi della prima
vittoria del cavaliere.
Grazie alla televisione divengono famosi personaggi di nessun
valore e tra un gioco, una velina e uno spot ci convincono a
comperare anche le cose più inutili. E’ proprio per la delicatezza
dei mass media che le democrazie più mature hanno stabilito regole
per la comunicazione politica e per i dibattiti televisivi.
Berlusconi sfida Prodi al dibattito TV sulla base di regole che ha
stabilito la maggioranza di centrodestra. Due dibattiti, poi due
giorni prima della tornata elettorale, una bella conferenza stampa
del cavaliere di Arcore. Vi sembra serio? Perchè Berlusconi non
chiede all’adorato G.W.Bush quali sono state le regole del
confronto con lo sfidante Kerry? Domandi all’amico Tony Blair come
la televisione inglese organizza i dibattiti politici. Forse
soltanto l’altro suo amico, il democratico Putin, pretende di
parlare per ultimo in TV durante una campagna elettorale. Ma non è
un gran esempio. Sinceramente ha ragione Prodi di pretendere
regole certe prima di accettare qualsiasi sfida televisiva.
Meraviglia che l’eroico presidente della camera, Casini, non si
opponga alla pretesa del cavaliere e denunci invece la paura di
Prodi. Ridicolo. Una truffa è una truffa anche se votata da una
commissione parlamentare. Ribellarsi è giusto, senza regole
condivise non c’è possibilità di giocare.
La direzione dei DS ha votato all’unanimità le liste dei
candidati. L’unanimità è una cosa buona in se? Vista la
discussione che c’è stata in queste settimane viene il sospetto
che abbia prevalso l’interesse di facciata piuttosto che una reale
convinzione di aver fatto le cose al meglio. Sta diventando una
barzelletta la promessa di recuperare una parte degli esclusi
dalle candidature con incarichi di sottosegretario. Una certa
prudenza nel promettere sarebbe consigliabile visto che se e
quando nascerà il governo Prodi la compagine governativa dovrà
avere uomini e donne in numero che non ricordi le pessime stagioni
del pentapartito. E poi non sarebbe carino scaricare sulla spesa
pubblica le tensioni dei gruppi dirigenti dei partiti. Ma i DS
hanno un altro problema molto serio da gestire. Problema che nasce
come effetto collaterale alla scelta della lista comune con la
Margherita per i candidati alla Camera dei Deputati. Sono ormai
diversi dirigenti politici ed intellettuali di fama che hanno
scelto di partecipare e comunque appoggiare la lista della “Rosa
nel Pugno” dei socialisti e dei radicali. Le motivazioni sono
diverse, prevale però l’accusa ai DS di scarsa convinzione sulle
questioni della laicità dello Stato, dei diritti civili e della
scuola pubblica. Fanno bene i DS a non utilizzare la categoria del
tradimento nell’affrontare il problema. Molti ex socialisti sono
entrati negli anni nel partito di Fassino senza provocare patemi
in Boselli. E per dirla tutta, i nuovi arrivati non sempre sono
stati trattati come dovevano essere trattati per le loro qualità a
volte ottime. Spesso il settarismo degli excomunisti ha prevalso
specialmente in periferia.
Qualche ragione i dissidenti possono averla considerando che su
queste tematiche le posizioni che ci sono tra una parte dei DS e
una parte della Margherita sono molto dissimili. E d’altra parte
la situazione nel centrosinistra ha una sua dinamicità . La
prospettiva della realizzazione del partito democratico non
entusiasma tutti e tutti rinviano la decisione a dopo il risultato
elettorale. E sotto gli occhi di tutti che in questa campagna
elettorale la campagna acquisti ha riguardato tutti i
raggruppamenti a conferma che non è questa la stagione delle
granitiche certezze ideali. Come giudicare altrimenti alcuni cambi
di casacca? Cambiare idea è legittimo. Ancor di più lo sarebbe se
i nuovi ideali fossero frutto di libero pensiero e non di brutale
occupazione di seggi parlamentari.
Lo choc della visita di Berlusconi a Perugia va esaurendosi.
Qualche polemica permane, ma niente di drammatico. Qualche giovane
è ancora arrabbiato perchè il centro di Perugia è stato dichiarato
off limits durante la presenza del cavaliere. Traffico bloccato,
scale mobili ferme. Nessuno, ne un pedone ne un’auto, poteva
accedere nell’acropoli prostrata al cospetto del leader massimo.
Un deserto da coprifuoco in tempo di pace. Città blindata.
Libera soltanto per i 240 invitati alla cena di sottoscrizione in
un prestigioso albergo cittadino. Industriali, dentisti, avvocati
e liberi pensatori la platea del dinner. La crème de la crème. E’
la prima volta che questo succede in maniera così smaccata e
massiccia. Alcuni dei partecipanti sostengono che si è trattato di
una scelta fatta per rispetto istituzionale al capo del governo.
No cari signori e signore la vostra sottoscrizione (notevole,
complimenti ai beneficiari) non era in beneficenza per qualche
opera pia, ma per un partito politico. Legittima la cosa,
figuriamoci, ma non mistifichiamo.
Corriere dell’Umbria 26 febbraio 2006
da Francesco Mandarini | Feb 19, 2006
Per mantenere il potere è legittimo allearsi con chiunque?
Non la pensa così la destra gollista che ha sempre rifiutato di
allearsi con i fascisti francesi esattamente come la CDU tedesca o
i Conservatori inglesi. Il vincolo dell’antifascismo ha sempre
funzionato in Europa. E’ stata questa la linea anche della
Democrazia Cristiana italiana. Questo partito per oltre cinquanta
anni ha governato il Paese escludendo dal governo i neo fascisti
di Almirante e Rauti. Nelle elezioni amministrative dei primi anni
’50, De Gasperi, nonostante le pressioni delle gerarchie vaticane,
rifiutò l’alleanza con il MSI per il Comune di Roma. Ci provò
Tambroni nel 1960 a mettere insieme democristiani e neofascisti:
si sollevò l’intera Italia e la DC aprì la stagione del centrosinistra
con il PSI guidato da Pietro Nenni. Sommessamente e
rispettosamente, dovremo chiedere al sorridente onorevole Casini,
democristiano d.o.c., cosa pensa dell’ultima trovata di Berlusconi
di imbarcare nel centrodestra i neo-fascisti di “Fronte Nuovo”,
Alternativa Sociale, New-MSI ecc.ecc. Movimenti noti per le
posizioni razziste, per la violenza delle posizioni antisemite,
anti-democratiche e i cui simboli sono la svastica e la croce
uncinata. Non vede Casini il rischio che la Casa delle Libertà
venga scambiata con la Casa del Fascio? Anche per l’onorevole Fini
qualche problema dovrebbe sussistere visto lo sforzo fatto dal
capo di Alleanza Nazionale di liberarsi dei fantasmi di un passato
non esattamente democratico. Gli esperti sostengono che Almirante
non avrebbe mai accettato di sedersi al tavolo con certi arnesi
del neo-fascimo. Fini non ha niente da dire?
Non si sono sentite voci di dissenso nel centrodestra contro la
scelta scellerata del Capo. Il silenzio di certi leader non può
meravigliare. Questo nostro, è un Paese in cui un ministro della
Repubblica, quel gentiluomo di Calderoli, gira in maglietta con
vignette che provocano l’indignazione della religione più diffusa
al mondo, l’Islam. Vergogna è la definizione più adatta di quanto
succede. Ma tanto è, al peggio non c’è mai limite.
Come reagire a questa sorta di impazzimento di una parte
consistente della nostra comunità ? Al di là dei sondaggi a
pagamento, Berlusconi gode di un vasto consenso e nonostante
tutto, il berlusconismo è una visione del mondo che affascina
molti teleutenti.
Ne abbiamo avuto la prova anche a Perugia. Il Palasport di
Perugia, venerdì scorso, era stracolmo di berluscones entusiasti
venuti da ogni dove in una sorta di transumanza politica. Una
barriera umana capace di sbarrare la strada al comunismo
imperante. Al Pala-Evangelisti campeggiava uno striscione su cui
era scritto: “50 anni di oppressione, Berlusconi il liberatore”.
Rispetto allo slogan, per noi umbri indignarsi è legittimo. La
nostra è una terra di grande civiltà democratica che è riuscita a
modernizzarsi grazie ad uno sforzo comune del suo popolo senza
aver bisogno di “liberatori” di plastica.
Inseguire Berlusconi nella sua creatività da bar dello sport
sembrerebbe assolutamente sbagliato. Ancora, però, il
centrosinistra balbetta e il cavaliere tiene il campo alla grande.
Cercando di intimorire gli avversari si inventa una carnevalata al
giorno e sembra risalire nei sondaggi. Il Paese vive in una specie
di “Truman Show” infinito dove come un San Giorgio, Berlusconi
combatte il drago rosso della sinistra.
Non si spiega razionalmente quella specie di panico del popolo (ma
anche dei leader) del centrosinistra rispetto al possibile
risultato elettorale del 9 aprile.
In cinque anni la destra ha perso in tutte le competizioni
elettorali. E principalmente la qualità di vita di gran parte
della gente è peggiorata. Magari non per tutti le condizioni
materiali giornaliere sono peggiorate. Ciò che è certo è che le
aspettative rispetto al futuro si sono offuscate. L’Italia ha
perso competitività in tutti i settori. L’arretramento è stato
certificato da tutti gli istituti di ricerca italiani e stranieri.
Non c’è famiglia italiana che non prova angoscia per il lavoro dei
figli, per il loro futuro, per le pensioni che perdono potere di
acquisto.
Se la democrazia ha un senso le elezioni dovrebbero punire quei
governi che hanno svolto male il proprio lavoro. Soltanto
l’onorevole Bondi continua a sostenere che la compagine
berlusconiana ha ben governato. Eppure l’Unione non sembra ancora
capace di sterzare la campagna elettorale. Non subire le banalità
degli altri. Ad esempio, è falso l’argomento che mettere insieme
al governo, Bertinotti e Mastella, non è credibile. Rifondazione è
ormai da molti anni al governo di tanti comuni e di moltissime
regioni assieme ai rutelliani e i mastelliani. Si può più o meno
apprezzare la qualità politica dei governi locali, ma certamente
l’alleanza di centrosinistra funziona anche grazie all’impegno di
governo dei rifondatori e l’elettorato ha più volte apprezzato
l’alleanza di centrosinistra. Il problema dell’Unione non è
principalmente la tenuta politica, piuttosto è stato l’incapacità
di rendere chiaro il proprio programma di governo.
Si può scherzare sulle duecentoottanta pagine del programma
presentato da Prodi. Ed è certamente urgente rendere leggibili le
scelte da fare per governare. Farsi capire dalle forze sociali e
culturali del Paese è obbligatorio. E’ la semplicità difficile a
farsi, scriveva un grande poeta tedesco, ma alla fine le dieci
idee di governo usciranno dal cilindro dell’Unione. Quello che
rende ancora fragile l’alleanza sono ancora i personalismi. E’
ancora una volta questo il limite. Sbagliato sarebbe continuare
con troppi galli a cantare, ma il “qui comando io” non va affatto
bene. Di padri padroni basta Berlusconi.
Corriere dell’Umbria 19 febbraio 2006
da Francesco Mandarini | Feb 12, 2006
Il decreto di scioglimento lo ha firmato il presidente Ciampi. La
XIV legislatura del Parlamento giunge a conclusione.
Che Paese lascia il quinquennio dell’era berlusconiana? Ognuno di
noi può fare i suoi conti. Materiali innanzitutto. Ed è fuori
discussione che la maggioranza degli italiani ha subito un
ridimensionamento economico pesante. Il dato che prevale è quello
dell’incertezza per il futuro proprio e per quello dei più
giovani. Si sostiene, come se fosse un fatto naturale, che le
nuove generazioni non avranno alcuna protezione pensionistica. Le
pensioni attuali nel tempo si ridimensioneranno, ci assicurano gli
esperti. Già oggi le pensioni in essere hanno perso potere
d’acquisto e una parte consistente del lavoro giovanile non ha
alcuna decente copertura assicurativa. In genere è continuato, in
questi anni di governo della destra, il processo di spostamento
della ricchezza nazionale dal mondo del lavoro a quello della
rendita finanziaria. I poveri sono diventati più poveri e i ricchi
più ricchi ed anche le fasce medie hanno subito un duro colpo nei
redditi e nelle prospettive personali e della propria famiglia. Lo
stesso mondo delle imprese economiche ha sofferto della crisi. Il
centrodestra ha rappresentato bene gli interessi del propri
elettori? Sarebbe troppo semplice. Molti elettori di Fini o di
Casini appartengono al ceto medio e al mondo del lavoro, purtroppo
le scellerate politiche economiche hanno premiato altri settori
della società italiana. Se un governo deve essere giudicato per
quello che ha fatto, non ci sarebbe partita. E’ per questo che
Berlusconi ha spostato l’asse della discussione enfatizzando la
battaglia ideologica contro il comunismo. Non è un’idea balzana.
Anche se rimane complesso dimostrare che Bertinotti si accinge a
conquistare “il palazzo d’Invernoâ€, Berlusconi punta a mobilitare
il ventre molle del paese a partire dal disprezzo per la sinistra.
Tutto e tutti coloro che non alzano la bandiera del berlusconismo
non possono che essere strumenti del comunismo rampante.
Sottovalutare il cavaliere sarebbe sbagliato. In realtà Lui
l’Italia è riuscito a cambiarla davvero. Ognuno può stabilire se
in meglio o in peggio, ma il mutamento è stato radicale in
moltissimi settori a cominciare dal ruolo della politica in una
società complessa come quella italiana. Berlusconi ha
rappresentato al meglio l’antipolitica come strumento di governo
aiutato in questo da commentatori interessati, da cerchiobottisti
e da gravi errori del centrosinistra. La telenovela degli scontri
televisivi ha portato acqua all’impostazione politica del
cavaliere non certo alla credibilità del centrosinistra.
Un altro bilancio bisogna saper fare. Che comunità è oggi
l’Italia? Le istituzioni squassate da una tempesta di polemiche e
da leggi improvvisate e distruttive di regole. Una società meno
solidale in cui il rapporto tra cittadino e interesse pubblico è
peggiorato ulteriormente senza che una politica diversa sia stata
percepibile dal senso comune delle grandi masse. Il centrosinistra
è stato negli anni diviso nei programmi e la sua classe dirigente
non ha saputo avere una immagine forte e credibile. La leaderite è
stata la componente essenziale di gran parte dei gruppi dirigenti
a discapito dell’interesse a costruire un’alternativa possibile al
berlusconismo. La “videocrazia†non è stato strumento del solo
cavaliere do Arcore. Ci si affida allo scontro TV, sperando nella
correttezza dei conduttori. La democrazia è stata spesso un
optional anche per tanti unionisti. I partiti anche del
centrosinistra, rimangono fragili agglomerati di apparati dove
iscritti e militanti hanno ruoli e compiti che non incidono mai
sulle decisioni essenziali. Una risposta, per quanto ambigua,
poteva essere il meccanismo delle primarie. Strumento che è stato
utilizzato con parsimonia. Subito più che voluto non è stato il
procedimento di mobilitazione per la campagna elettorale. Intanto
gli eletti sono stati decisi anche dall’Unione a Roma senza che
ciò suonasse scandalo per nessuno. All’elettore spetta soltanto
scegliere il simbolo del partito, l’eletto è già stabilito. Unica
consolazione è che presumibilmente in questa campagna elettorale i
“santini†con le foto e biografie dei candidati non ci saranno. Si
risparmierà in quattrini e buon gusto e la cosa non è da poco.
Se vince le elezioni, il centrosinistra come farà ad affrontare i
problemi se non scommette anche sulla partecipazione della gente?
Riformare ciò che la destra ha imposto in questi anni, sarÃ
possibile senza una grande ondata democratica che solleciti
intelligenze e passioni?
Ieri Prodi ha presentato il suo programma di governo. Bene era
ora. Gli incontentabili sostengono che al di là delle singole
scelte ciò che manca è un’anima riformatrice. E’ assente la
semplicità dello slogan comprensibile alla gente. Insomma non è
contemplata la sloganistica tipo: “pace e lavoroâ€. Non sarebbe
grave se la sostanza delle proposte si muove in direzioni
completamente diverse da quelle del governo Berlusconi e anche da
quelle del primo governo Prodi. Governi assolutamente diversi che
però hanno avuto un tratto in comune. Non certo l’arroganza delle
leggi personali o la volgarità leghista, piuttosto l’accettazione
dell’ideologia liberista imperante nonostante i suoi fallimenti.
Che il mercato sia un riferimento decisivo nel mondo globalizzato
è un’ovvietà accettata da tutti. Ciò che non è più accettabile è
un mercato senza regole o che ha regole che riguardino soltanto la
libertà della precarizzazione del lavoro a vantaggio della
speculazione finanziaria. Prodi ha detto che il suo sarà un
governo che lotterà contro la precarietà dei giovani lavoratori.
Sembra essere una scelta saggia. L’Unione ha un senso soltanto se
riscopre le sue radici sociali e su questo costruisce il programma
di governo. L’antiberlusconismo non basterà per risolvere i drammi
del Paese.
Corriere dell’Umbria 12 febbraio 2006
da Francesco Mandarini | Feb 12, 2006
Il decreto di scioglimento lo ha firmato il presidente Ciampi. La
XIV legislatura del Parlamento giunge a conclusione.
Che Paese lascia il quinquennio dell’era berlusconiana? Ognuno di
noi può fare i suoi conti. Materiali innanzitutto. Ed è fuori
discussione che la maggioranza degli italiani ha subito un
ridimensionamento economico pesante. Il dato che prevale è quello
dell’incertezza per il futuro proprio e per quello dei più
giovani. Si sostiene, come se fosse un fatto naturale, che le
nuove generazioni non avranno alcuna protezione pensionistica. Le
pensioni attuali nel tempo si ridimensioneranno, ci assicurano gli
esperti. Già oggi le pensioni in essere hanno perso potere
d’acquisto e una parte consistente del lavoro giovanile non ha
alcuna decente copertura assicurativa. In genere è continuato, in
questi anni di governo della destra, il processo di spostamento
della ricchezza nazionale dal mondo del lavoro a quello della
rendita finanziaria. I poveri sono diventati più poveri e i ricchi
più ricchi ed anche le fasce medie hanno subito un duro colpo nei
redditi e nelle prospettive personali e della propria famiglia. Lo
stesso mondo delle imprese economiche ha sofferto della crisi. Il
centrodestra ha rappresentato bene gli interessi del propri
elettori? Sarebbe troppo semplice. Molti elettori di Fini o di
Casini appartengono al ceto medio e al mondo del lavoro, purtroppo
le scellerate politiche economiche hanno premiato altri settori
della società italiana. Se un governo deve essere giudicato per
quello che ha fatto, non ci sarebbe partita. E’ per questo che
Berlusconi ha spostato l’asse della discussione enfatizzando la
battaglia ideologica contro il comunismo. Non è un’idea balzana.
Anche se rimane complesso dimostrare che Bertinotti si accinge a
conquistare “il palazzo d’Inverno”, Berlusconi punta a mobilitare
il ventre molle del paese a partire dal disprezzo per la sinistra.
Tutto e tutti coloro che non alzano la bandiera del berlusconismo
non possono che essere strumenti del comunismo rampante.
Sottovalutare il cavaliere sarebbe sbagliato. In realtà Lui
l’Italia è riuscito a cambiarla davvero. Ognuno può stabilire se
in meglio o in peggio, ma il mutamento è stato radicale in
moltissimi settori a cominciare dal ruolo della politica in una
società complessa come quella italiana. Berlusconi ha
rappresentato al meglio l’antipolitica come strumento di governo
aiutato in questo da commentatori interessati, da cerchiobottisti
e da gravi errori del centrosinistra. La telenovela degli scontri
televisivi ha portato acqua all’impostazione politica del
cavaliere non certo alla credibilità del centrosinistra.
Un altro bilancio bisogna saper fare. Che comunità è oggi
l’Italia? Le istituzioni squassate da una tempesta di polemiche e
da leggi improvvisate e distruttive di regole. Una società meno
solidale in cui il rapporto tra cittadino e interesse pubblico è
peggiorato ulteriormente senza che una politica diversa sia stata
percepibile dal senso comune delle grandi masse. Il centrosinistra
è stato negli anni diviso nei programmi e la sua classe dirigente
non ha saputo avere una immagine forte e credibile. La leaderite è
stata la componente essenziale di gran parte dei gruppi dirigenti
a discapito dell’interesse a costruire un’alternativa possibile al
berlusconismo. La “videocrazia” non è stato strumento del solo
cavaliere do Arcore. Ci si affida allo scontro TV, sperando nella
correttezza dei conduttori. La democrazia è stata spesso un
optional anche per tanti unionisti. I partiti anche del
centrosinistra, rimangono fragili agglomerati di apparati dove
iscritti e militanti hanno ruoli e compiti che non incidono mai
sulle decisioni essenziali. Una risposta, per quanto ambigua,
poteva essere il meccanismo delle primarie. Strumento che è stato
utilizzato con parsimonia. Subito più che voluto non è stato il
procedimento di mobilitazione per la campagna elettorale. Intanto
gli eletti sono stati decisi anche dall’Unione a Roma senza che
ciò suonasse scandalo per nessuno. All’elettore spetta soltanto
scegliere il simbolo del partito, l’eletto è già stabilito. Unica
consolazione è che presumibilmente in questa campagna elettorale i
“santini” con le foto e biografie dei candidati non ci saranno. Si
risparmierà in quattrini e buon gusto e la cosa non è da poco.
Se vince le elezioni, il centrosinistra come farà ad affrontare i
problemi se non scommette anche sulla partecipazione della gente?
Riformare ciò che la destra ha imposto in questi anni, sarà
possibile senza una grande ondata democratica che solleciti
intelligenze e passioni?
Ieri Prodi ha presentato il suo programma di governo. Bene era
ora. Gli incontentabili sostengono che al di là delle singole
scelte ciò che manca è un’anima riformatrice. E’ assente la
semplicità dello slogan comprensibile alla gente. Insomma non è
contemplata la sloganistica tipo: “pace e lavoro”. Non sarebbe
grave se la sostanza delle proposte si muove in direzioni
completamente diverse da quelle del governo Berlusconi e anche da
quelle del primo governo Prodi. Governi assolutamente diversi che
però hanno avuto un tratto in comune. Non certo l’arroganza delle
leggi personali o la volgarità leghista, piuttosto l’accettazione
dell’ideologia liberista imperante nonostante i suoi fallimenti.
Che il mercato sia un riferimento decisivo nel mondo globalizzato
è un’ovvietà accettata da tutti. Ciò che non è più accettabile è
un mercato senza regole o che ha regole che riguardino soltanto la
libertà della precarizzazione del lavoro a vantaggio della
speculazione finanziaria. Prodi ha detto che il suo sarà un
governo che lotterà contro la precarietà dei giovani lavoratori.
Sembra essere una scelta saggia. L’Unione ha un senso soltanto se
riscopre le sue radici sociali e su questo costruisce il programma
di governo. L’antiberlusconismo non basterà per risolvere i drammi
del Paese.
Corriere dell’Umbria 12 febbraio 2006